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27 Aprile 2004
Feng Shui

La danza di Yin e Yang

La danza di Yin e Yang

Un concetto metafisico fondamentale per capire il Feng Shui

 

Yin e yang in Occidente

I concetti di yin yang sono ormai conosciuti in Occidente; tutti conoscono il simbolo del Tao e sanno più o meno che cosa rappresenta. Voglio qui esaminare questi concetti in modo più ampio, senza avere la pretesa di esaurire l’argomento, molto vasto e soprattutto molto profondo.

Iniziamo con l’esaminare una serie di caratteristiche usualmente attribuite a yin yang:

Yin YangSole-Luna

Giorno-Notte

Luce-Ombra

Maschile-Femminile

Attivo-Passivo

Positivo-Negativo

Estate-Inverno

Non si può non notare che questi due concetti sono stati interpretati, quando sono stati esportati in Occidente. Interpretati in base ad assunti inconsapevoli, che hanno poi condizionato tutto lo studio delle discipline orientali in genere. Storicamente noi occidentali siamo stati abituati a ragionare per opposti: il bene è opposto al male; il cattivo opposto al buono; la luce opposta all’ombra e così via.

Questa visione dualistica della vita, in generale, ha portato grandi squilibri. Ci è stato insegnato, infatti, che una delle due polarità è buona e preferibile (nel nostro caso, quella associata allo yang), mentre l’altra è deprecabile e va evitata il più possibile. Quale soddisfazione, quindi, scoprire che anche in una civiltà così lontana dalla nostra, si palesano le stesse polarità, le stesse coppie di concetti! Anche presso i cinesi, la donna è passiva ed associata alla malvagità!
Detto e fatto, questa è l’interpretazione passata come buona fino a pochi (molto pochi!) anni fa, ed ha poi condizionato una serie innumerevole di testi sull’Oriente e sulla sua civiltà.

Yin: passivo o ricettivo?

Perciò un primo, grande errore di fondo sta nell’attribuire ad una polarità delle caratteristiche preferibili all’altra. In questo modo la traduzione del termine “ricettivo” (caratteristica dello yin) è diventata “passivo”: una differenza sottile ma fondamentale.

Nella visione orientale, l’immagine più citata per spiegare la polarità yin yang è quella del Cielo e della Terra. La Terra, femminile, ricettiva, nutre e offre sostentamento ed appoggio alle piante ed agli altri esseri. Il Cielo, maschile, attivo, offre energie più sottili: la luce e l’aria, che stimolano la vita e la crescita dei vegetali, e facilitano la loro evoluzione e riproduzione; la stimolazione attraverso l’alternarsi dei cicli naturali. Tuttavia, senza la Terra una pianta non ha nulla da cui trarre nutrimento, anche se riceve le energie celesti; e senza luce e aria, la pianta muore anche se ha il nutrimento fornito dalla Madre Terra.
Dunque è scorretto affermare che una polarità sia preferibile all’altra: entrambe sono necessarie per la vita.

Inoltre bisogna notare che questi termini sono utilizzati nelle arti marziali classiche cinesi: quando si parla di tecniche yang si fa riferimento a tecniche di entrata nella guardia dell’avversario, colpi portati al corpo e movimenti in avanti; yin invece è più correlato a movimenti di uscita, di deviazione delle tecniche, o movimenti usati per guidare la forza dell’avversario. Questa è la corretta interpretazione di yin: “ricettivo” nei confronti dell’attività dell’altro. Ben diverso è il significato di “passivo”! Chi è passivo, in un combattimento, è un morto sicuro. Dunque, prima osservazione fondamentale: tra yin e yang non esiste uno preferibile; tutti e due sono ugualmente necessari.

Opposti o complementari?

Un altro condizionamento che ci è stato inculcato è che gli opposti si combattono tra loro: il bene contro il male, il buono contro il cattivo e così via. Ma, nell’accezione che consideriamo noi, yin yang non sono sempre opposti ma anche complementari: cooperano armoniosamente insieme, ognuno riempiendo i vuoti che l’altro lascia, come il simbolo del Tao lascia ben intendere.
Il giorno viene utilizzato per le attività, ma la notte è necessaria per riposarsi e ristorare il corpo. Maschio e femmina sono destinati a cooperare, integrarsi e sostenersi a vicenda, non a combattersi. Arriviamo così alla seconda osservazione: yin e yang sono complementari e solo occasionalmente opposti. Infatti in alcuni casi particolari, possono assumere delle forme specifiche in cui sono in opposizione, così come esistono forme sfavorevoli o deleterie sia di yang sia di yin. Ma nel complesso, non possiamo affermare che una delle due polarità sia ‘meglio’ dell’altra.

Al di là di queste necessarie precisazioni, yin yang (ed il simbolo del Tao) hanno una tale profondità e molteplicità di interpretazioni da poter essere applicati a qualsiasi situazione. A livello generale rappresentano la continua dualità con cui veniamo in contatto in questo mondo: la scelta tra qualcosa ed il suo opposto, caratteristica di questa vita; la dualità tra spirito e materia (sottolineo che anche nelle tradizioni esoteriche occidentali non si parla di esaltare lo spirito e mortificare il corpo ma di un incontro di queste due forme; il corpo è il tempio dello spirito ed il mezzo per l’evoluzione personale, come nel Taoismo).
Ancora più sottilmente rappresentano la dualità causata dalla mente perché insita nel suo stesso funzionamento. La mente funziona, infatti, con il pensiero, e spesso i pensieri sono giudizi su situazioni, fatti, idee, oggetti. Esprimendo un giudizio automaticamente creiamo una dualità: se una cosa è “bella”, significa che qualcos’altro sarà “non bello” cioè brutto; se una situazione è “buona”, nello stesso istante ho creato milioni di situazioni “cattive”, e così via. Ma la dualità non esiste nella Natura: è creata dal processo mentale quando esamina la Natura. Dunque il Tao rappresenta anche un concetto aprioristico sul pensiero.

Infine, yin yang sono un simbolo che riassume in sé tutte le infinite polarità che si manifestano nella vita. Intesi, però, non solo come simbolo, ma come un “a priori” che informa la realtà ad ogni livello di organizzazione o struttura.

La saggezza taoista

Come si dovrebbe dunque porre l’uomo nei confronti della vita, secondo questa visione? Il saggio taoista si rifà al “non giudizio”, che non è una mera negazione di qualsiasi tipo di valutazione, ma è un’azione attiva dello spirito che impedisce alla mente di “muoversi”, cioè attaccarsi alle cose ed alle situazioni, emettendo giudizi che generano un circolo vizioso, in quanto fonte di altri giudizi e così via.
Mi spiego con un esempio. Tra l’osservare un tramonto ed emettere il giudizio “questo tramonto è molto bello” corre un oceano di differenza. Il giudizio non è necessario; non solo, è anche ciò che ci fa perdere la bellezza del tramonto. Per giudicare, infatti, mi devo distaccare dal fenomeno perché solo così posso vederlo “da fuori”. Ma così facendo creo una divisione in me stesso: ho creato un “Sé” che giudica o parla di un “non-Sé”, cioè qualcosa che sta al di fuori di lui. E creo anche una divisione tra il fenomeno e l’osservatore, perdendo tutta la magia del presente. Questo stesso processo, del resto, è la genesi della consapevolezza dell’individualità, perché solo individuando un non-Sè al di fuori di me posso diventare cosciente di essere una parte del tutto, cioè appunto, individuarmi. Perciò, il processo stesso non può essere giudicato né positivamente, né negativamente.

A livello esoterico, questo è il peccato di Adamo: avere mangiato il frutto dall’albero del bene e del male (Genesi 3, vers. 4-5: “Il serpente disse alla donna: No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come dèi, avendo la conoscenza del bene e del male”) – cioè decidere di giudicare – “muovere la mente”.
Alcuni maestri affermano che occorre essere in un “centro immobile” e non lasciarsi trascinare in periferia (vale a dire, nell’eterna giostra della dualità, la Maya, illusione, degli Indù). Del resto la “mistica unione” del percipiente con il percepito non è altro che l’assenza attiva della mente che perciò non si frappone ad una percezione “totale” e integrata. Cito alcuni brani dal Tao Te Ching di Lao Tzu:

Quando la gente dice che una cosa è bella,
altre cose diventano brutte.

Quando la gente dice che alcune cose sono buone,
altre diventano cattive.
Essere e non-essere si creano a vicenda.
Difficile e facile si sostengono l’un l’altro.
Il lungo definisce il corto, il corto definisce il lungo.
Alto e basso dipendono uno dall’altro,
prima e dopo si susseguono in circolo.
Perciò il Maestro
agisce senza fare nulla
insegna senza spiegare.
Le cose succedono ed il Maestro le lascia venire;
le cose spariscono ed il Maestro le lascia andare.
Il Maestro ha ma non possiede nulla,
agisce ma non si aspetta niente.

Noi uniamo i raggi nel centro di una ruota,
ma è il vuoto al centro
che fa muovere il carro.
Diamo forma all’argilla creando una tazza,
ma è il vuoto all’interno
che contiene qualsiasi cosa vogliamo.

In virtù di queste osservazioni, qualcuno potrebbe pensare che la dualità yin yang sia esclusivamente “negativa”. Non è così.
Per citare un esempio famoso, in un mondo completamente azzurro non avrebbe senso il concetto di “azzurrità”, e nessuno lo avrebbe evidenziato. Yin yang, invece, tramite l’“azzurro” ed il “non azzurro” ci permettono di prendere coscienza di un fenomeno, e sono quindi un veicolo di consapevolezza. Conoscendo l’eccesso e la mancanza di una determinata qualità, possiamo darle il “giusto valore” in rapporto al contesto in cui ci troviamo.

Che cosa ci insegna la rappresentazione grafica del Tao

Yin YangVi sarebbe molto altro di cui parlare, ma torniamo al Tao. Dalla semplice osservazione di questo simbolo possiamo recuperare altri significati, meno evidenti ma non per questo meno importanti. Evidenziamone alcuni:

• il simbolo del Tao è dinamico: lo yin si trasforma continuamente nello yang, dopo aver raggiunto il suo apice, e viceversa. Ad esempio, il giorno nasce, arriva al suo apice a mezzodì, e decresce d’intensità, finchè non si trasforma nella notte
• al suo massimo, lo yin contiene già in sé il germe dello yang nascente (rappresentato dal pallino bianco) e viceversa. Infatti, il momento di massimo splendore (mezzodì) è anche il momento in cui inizia il declino. Contiene quindi l’informazione del recedere, ritirarsi, diminuire (il germoglio dello yin)
• yin yang si ricercano vicendevolmente per completarsi. Quindi, il Cielo e la Terra sono ugualmente necessari: per gli Orientali il Cielo feconda la Terra. Maschio e femmina si ricercano, luce ed ombra vanno insieme
• lo yin genera lo yang e viceversa. Ad esempio, lo yang genera lo yin non solo cronologicamente (nel senso che al giorno segue la notte e viceversa), ma anche fattualmente in ogni istante: la luce genera continuamente l’ombra, e non vi può essere luce senza ombra che l’accompagni. La pace (yang) genera la guerra (yin) non solo nel senso che ad un periodo di pace segue necessariamente un periodo di guerra, ma anche nel senso che in ogni momento, nel periodo di pace, si stanno ponendo i germi per la futura guerra (ad esempio con l’eccessivo accumulo di ricchezza, l’indebolimento del carattere e così via). Altrimenti, da cosa potrebbe nascere una guerra, se non dalle scelte che sono state fatte nel periodo di pace? Si tratta quindi non solo di una semplice successione cronologica, ma di un concetto fondamentale: yin e yang vanno sempre insieme. Secondo noi non si dovrebbe parlare di yin e yang, ma di yin yang, per evidenziare il fatto che si tratta di una coppia indissolubile
• yin yang si completano a vicenda. Per esempio, lo spazio che non è illuminato, è occupato dall’ombra; il maschio completa la femmina (fisicamente ed energeticamente); maschio e femmina si cercano l’un l’altro; la luce inonda la terra e l’aria occupa tutto lo spazio su di essa

Yin yang e Feng Shui

Esaminando questi concetti si potrebbe procedere a lungo, tuttavia questo articolo vuole solo spingere il lettore ad una più profonda riflessione, e non fornire un “manuale”.
Del resto, sono conoscenze che vanno vissute quotidianamente per diventare sensazioni quasi a livello fisico; ritengo, infatti, che non sia possibile affrontare questi argomenti solo a livello manualistico.

Alla base di tutto il Feng Shui vi è la corretta comprensione della “danza di yin e yang”. Chi non ne ha una corretta visione può conoscere quante tecniche vuole, ma non sa quando è opportuno applicarle e nemmeno il loro significato… “Feng Shui non è altro che riconoscere yin yang”.

Dal mio punto di vista, yin e yang non sono solo concetti fine a se stessi, ma una conoscenza fondamentale di tipo fisico, cui fare riferimento in ogni fase di una consulenza. Nei seminari che tengo, tutto è riportato al Tao, anzi posso dire che impiego diciotto ore…esclusivamente per spiegare il Tao!

 

Penso che il mio viaggio nel Feng Shui sia iniziato quando, da piccolo, mi sono chiesto: ma perché le città sono tanto brutte? Possibile che non facciano stare male nessun altro oltre a me? Possibile che nessuno preferisca forme e colori più gradevoli, più morbidi?